Il modello della migrazione attiva, suggerito da Danielopol (1980), presuppone che organismi eurialini potrebbero aver colonizzato le acque sotterranee continentali tramite un normale processo di occupazione "step by step" di nicchie vuote; una tale modalità di penetrazione è indipendente dal tempo, non è necessariamente ricollegabile ad oscillazioni del livello del mare (trasgressioni-regressioni) ed è un processo tuttora in atto come è stato dimostrato da Ruffo (1973) per gli anfipodi Bogidiellidi e da Petrova (1974) per i Limnoalacaridi.

Il modello della regressione marina, proposto da Stock (1977), è ricollegabile alle regressioni marine terziarie (Miocene): esso prevede, infatti, che rappresentanti di gruppi quali gli archianellidi, i copepodi, i nematodi, gli isopodi, gli anfipodi ed i misidacei potrebbero essere rimasti "intrappolati" negli interstizi sabbiosi costieri in occasione delle diverse regressioni marine di questo periodo e, successivamente, essersi adattati a condizioni, via via, mesoaline e limniche.

Il "Transgression Model", proposto da Boutin & Messouli (1988), si applica a specie già interstiziali (stigobie), ampiamente distribuite in sistemi freatici continentali, le quali, a seguito di trasgressioni marine, sono "costrette" a migrare ancora più all'interno dei continenti.

Recentemente sono state avanzate numerose critiche ed obiezioni ai modelli su esposti, in particolare al modello della migrazione attiva e al "Regression Model" di Stock (Boutin & Coineau, 1990; Botosaneanu & Holsinger, 1991; Notenboom, 1991). Tali critiche partono dal presupposto che le considerevoli differenze nella struttura geologica, nel clima, nel tipo di habitat e nei taxa delle varie regioni del mondo non si accordano facilmente con l'ipotesi di un unico modello esplicativo per la colonizzazione delle acque sotterranee continentali.

Attualmente la maggior parte degli autori è quasi unanimamente d'accordo nel riconoscere una duplice origine per la fauna acquatica sotterranea, una dulciacquicola che avrebbe dato origine a stigobionti cosidetti "limnicoli", l'altra marina che avrebbe comportato la formazione di stigobionti talassoidi ("modello bifasico") (Boutin & Coineau, 1990; Coineau & Boutin, 1992; Notenboom, 1991)

In entrambi i casi l'ambiente da cui avrebbero preso l'avvio le due fasi del processo sarebbe quello marino dal quale, peraltro, sono partiti tutti i processi di colonizzazione dei sistemi idrici continentali: ".. tous les peupelments continentaux, proviennent directement ou indirectement de la mer, source de toute vie" (Delamare, 1957).

Il modello dulciacquicolo comprende due tappe distinte: una transizione orizzontale attiva, in occasione della quale gruppi marini con ampie capacità dispersive sarebbero penetrati nelle acque dolci superficiali (estuari, fiumi, laghi); una successiva transizione verticale attiva, tramite la quale essi avrebbero raggiunto i biotopi sotterranei continentali (grotte, ambienti freatici ed interstiziali). La transizione verticale comporta la dispersione nei sedimenti più profondi di popolazioni che riescono ad ampliare le loro nicchie ecologiche e ad estendere il loro areale di distribuzione con o senza l'intervento di fattori esterni di costrizione. Tale dispersione si realizza tramite l'infiltrazione di acque fluviali in terreni carsici o tramite gli ambienti fluviali iporreici a seguito di siccità superficiale; nel secondo caso si possono formare "relitti" (relitti distribuzionali) qualora i parenti epigei scompaiano a seguito delle pressioni selettive superficiali.

Evidentemente entrambe le tappe del processo sono possibili solo per organismi che abbiano acquisito una completà eurialinità, tale da consentirgli una perfetta regolazione dei liquidi interni dapprima nei confronti di ambienti salmastri o oligoalini e, quindi, di ambienti completamente dolci.

La prima tappa del processo, quella orizzontale, si è realizzata sia in epoche antiche che più recenti e, per alcuni gruppi, può essere ancora in atto. La seconda parte del modello bifasico (origine marina), così come la prima, comprende due processi di colonizzazione distinti. Il primo è una transizione verticale che comporta la colonizzazione attiva degli ambienti psammici sommersi da parte di popolazioni marine litorali o meroplanctoniche; il secondo è una transizione orizzontale generalmente passiva legata essenzialmente alle regressioni marine. Solo in rari casi quest'ultima fase del processo può comportare una migrazione attiva di organismi interstiziali verso aree continentali più interne. La transizione orizzontale, inoltre, non si realizza sempre: molti talassostigobionti litorali, infatti, non hanno mai colonizzato le acque dolci continentali e restano tuttora degli stigobionti litorali (forme talassoidi?)

La transizione verticale prende l'avvio da comunità bentoniche o epibentoniche che vivono sulla sabbia o negli interstizi sabbiosi dell'ambiente litorale. Nell'ambito di queste comunità alcune specie generaliste ed ubiquiste possono penetrare più o meno profondamente nell'ambiente psammico, dove vi depositano le uova o "nascondono" le proprie larve: le specie che esibiscono un tale comportamento possono originare forme merobentoniche ed entobentoniche, giustamente considerate gli antenati putativi degli stigobionti dulciacquicoli. La possibilità per le suddette specie di penetrare nei sedimenti freatici e di realizzarvi più o meno rapidamente (gradualismo o puntualismo) adattamenti morfo-funzionali consente loro di avere successo nella transizione verticale.

Questa possibilità presuppone l'acquisizione di caratteristiche morfologiche particolari ("exaptations" e "nonaptations"), quali le ridotte dimensioni corporee ed il particolare habitus ma, soprattutto nuove strategie fisiologiche riguardanti principalmente il movimento, la richiesta di ossigeno, il modo di alimentarsi e di riprodursi e la progenesi. Tra queste ultime, la progenesi, un particolare tipo di neotenia (eterocronia) può aver avuto un ruolo determinante in quanto rappresenta una "exaptation" molto vantaggiosa per la vita in spazi molto ristretti. Specie progenetiche, infatti, a seguito dell'accellerazione dello sviluppo embrionale, possono raggiungere la maturità sessuale quando sono ancora di ridotte o ridottissime dimensioni il che conferisce loro un'ottima chance per poter penetrare negli interstizi dei sedimenti freatici. La progenesi può comparire sia prima delle transizioni verticali, quale caratteristica di preadattamento, sia dopo, come adattamento selezionato dagli stessi biotopi interstiziali.

Esempi di taxa che hanno colonizzato con successo gli ambienti sotterranei per mezzo di forme progenetiche ci vengono offerti da numerosi gruppi ed in particolare da alcuni anellidi policheti (Dorvilleidae, Dinophilidae), anaspidacei, batinellacei, isopodi microparasellidi, mistacocaridi, termosbenacei, copepodi, ostracodi e gasteropodi opistobranchi.

Anche il modello marino si è realizzato, come il precedente, in diverse epoche passate, anche molto antiche, e si realizza tuttora: ad esempio, gli isopodi della famiglia Spheromatidae, marini e fossori, potrebbero essere dei probabili, attuali candidati ad una transizione verticale.

I fenomeni collegati al modello bifasico nel suo complesso sono numerosi e di differente natura. Ciascuna transizione è possibile solo se i potenziali colonizzatori presentano un certo numero di "exaptations" o "nonaptations": ad esempio, la transizione verticale può avere successo solamente in specie di ridotte o ridottissime dimensioni. Avvenuta la colonizzazione, prende, quindi, l'avvio il processo di "stigobitizzazione" che comprende l'acquisizione di adattamenti e peculiarità, sia regressive che stigomorfiche, con la eventuale comparsa di mutazioni neutrali o di fenomeni di deriva genica.

Alcuni stigobi, infine, possono aver colonizzato le acque sotterranee direttamente a partire da particolari ambienti terrestri, quali lettiere, muschi, suoli umidi, etc. Tra questi si possono citare gli acari della famiglia Stygothrombiidae, tutti stigobionti, derivati da un antenato terrestre della famiglia Trombiidae che comprende esclusivamente forme terrestri. Attualmente sono solo 20 le specie nella famiglia Stygothrombiidae, al contrario sono circa 500 le entità di idracnelle freatiche, provenienti sia da acque superficiali stagnanti, sia da acque correnti, con specie reofreatiche più numerose di quelle lentifreatiche (Cicolani, 1985).

Per quanto riguarda la zoogeografia, salvo alcune eccezioni, la distribuzione geografica delle specie stigobionti è limitata o puntiforme, in molti casi assimilabile a quella di taxa insulari. In particolare, a causa della loro scarsa vagilità e modeste capacità dispersive, molti talassostigobionti mostrano un alto tasso di endemicità ed una bassa frequenza di simpatria.

Un gran numero di fattori puo' influenzare la dispersione degli stigobionti nel loro complesso ma, senza dubbio, il fattore piu' importante sembra essere legato alle barriere fisiche o estrinseche delle rocce limitrofe, in particolare alla loro stratigrafia.

Molti stigobionti presentano areali circostritti ma, tuttavia, questa non rappresenta una regola generale: altri, infatti, presentano geonemie piu' ampie dei loro parenti di superficie: e' il caso di numerosi isopodi ed anfipodi presenti con le stesse specie in aree geografiche distanti tra loro. Una spiegazione di tale fenomeno puo' riscontarsi nel fatto che molti ambienti acquatici sotterranei (sistemi freatici, iporreici, psammici, etc.) per la loro peculiare natura sono costituiti da una miriade di piccoli spazi, fessure, etc., che possono consentire una discreta continuita' e permettere, di conseguenza, spostamenti anche vistosi alla fauna che vi e' ospitata.

Esempi di ampia distribuzione negli organismi stigobionti possono anche spiegarsi con il fatto che in molti casi antenati di superficie hanno colonizzato simultaneamente, in aree carsiche separate e in tempi non molto antichi, gli ambienti acquatici sotterranei: in questo caso le popolazioni sotterranee, pur essendo isolate geograficamente e geneticamente, non presentano ancora apprezzabili differenziazioni morfologiche.

Molte distribuzioni, tra cui quelle gondwaniane ed anfiatlantiche degli isopodi Protojaniroidea, di molti isopodi e batinellacei e dei mistacocaridi, possono interpretarsi alla luce della teoria della 'Tettonica a Zolle" (plate tettonics). Modelli di distribuzione perimediterranea, quali quelli relativi a molti altri crostacei ed alcuni pesci, sono correlabili, invece, alle vicissitudini paleogeografiche del Mediterraneo.

Da un punto di vista più generale si può ancora notare come la distribuzione geografica delle specie stigobionti sia generalmente molto più ampia di quella delle specie sotterranee terrestri; la spiegazione di un tale fenomeno è sicuramente da attribuirsi alle maggiori possibilità di dispersione che offrono gli ambienti acquatici nei confronti di quelli terrestri, anche se i primi offrono habitat potenzialmente "abitabili" molto più complessi.

Si può, infine, aggiungere che le specie acquatiche sotterranee hanno potuto disporre di un tempo di isolamento maggiore (Tardo Paleozoico Pleistocene) di quello delle specie terrestri che, per la maggior parte, hanno potuto colonizzare i diversi ambienti sotterranei solo in epoca abbastanza recente.

Concludendo questa breve, sintetica rassegna sul mondo acquatico sotterraneo si deve rilevare la eccezionale varietà che caratterizza le biocenosi acquatiche ipogee, varietà ricollegabile alla molteplicità delle "avventure" e delle pressioni selettive che hanno dato origine ai relativi popolamenti. A questa diversità fa, d'altro canto, riscontro una considerevole uniformità morfologica e di "stili di vita": le linee evolutive che si riscontrano nei diversi sistemi idrici sotterranei non sono molto numerose, ma molteplici risultano, al contrario, le risposte adattative e le convergenze a condizioni di vita molto diversificate.

L'ambiente acquatico sotterraneo, nel suo complesso, può essere a giusta ragione considerato la stadio terminale dell'evoluzione di linee filetiche di origine molto diversa: alcune molto recenti, senza particolari specializzazioni, altre, ultra-specializzate, da considerarsi ormai senescenti. In molti casi, infine, l'avventura nel dominio ipogeo è iniziata in tempi tanto antichi per cui si sono perse le tracce degli gli stadi iniziali e intermedi del processo di colonizzazione; in altri casi il processo di invasione dei sistemi idrici ipogei è ancora attuale ed avviene, come sottolinea Delamare (1960), " ... encore de nos jours à plusieurs centaines de mètres sous nos pieds...", presentando intime correlazioni con linee filetiche ancora presenti in biotopi acquatici superficiali, sia marini che continentali.






ECOLOGIA DEGLI AMBIENTI IPOGEI

GLI AMBIENTI ANCHIALINI

LA GROTTA ZINZULUSA:
UN ESEMPIO DI HABITAT ANCHIALINO


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    Le fotografie degli animali della Mammoth Cave e dell "Edward Aquifers" (Texas) sono state concesse
    da W. R. Elliott, Missouri Dept. of Conservation, Natural History Section, Jefferson City MO U.S.A.





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