Un importante fattore limitante degli ambienti ipogei è l'umidità, generalmente molto elevata: sfortunatamente, comunque, le ricerche sperimentali al riguardo sono molto limitate anche se sarebbe estremamente interessante conoscere le esatte modalità con cui gli stigobionti percepiscono il grado igrometrico e come vi si adattino.

Per quanto riguarda le risorse trofiche, se si eccettuano rari casi di autotrofia (batteri chemiosintetici che utilizzano ferro e zolfo quali donatori di elettroni), i produttori primari risultano assenti nelle catene trofiche sotterranee. Le comunità acquatiche sotterranee sono costituite soprattutto da decompositori; le risorse alimentari pervengono a tali sistemi in maniera irregolare e occasionale, sia ad opera di vettori biologici che fisici.

La presenza di batteri con un ciclo endogeno, indipendente da apporto esterno, è stata per la prima volta segnalata da Dudich (1933) il quale, accanto a numerose forme eterotrofe, riconobbe numerose forme cavernicole autotrofe, tra cui ferrobatteri (Leptothrix), tiobatteri (Beggiatoa) e nitrobatteri. Tutti questi microorganismi sono in grado di ricavare energia mediante ossidazione di sostanze inorganiche, realizzando così le loro sintesi in assenza di luce. Successivamente Caumartin (1959) ha confermato la presenza di batteri autotrofi in ambiente sotterraneo, isolando, altresì, un nuovo batterio, Perahacterium spelei, abbondanternente diffuso nelle argille sotterranee dove è in grado di fissare azoto e di procurarsi energia dalla decomposizione del carbonato di ferro.

Tali considerazioni, oltre a confermare le notevoli proprietà nutritive delle argille ipogee, ci consente di rivedere le precedenti interpretazioni che consideravano i cicli degli organismi sotterranei dipendenti esclusivamente da apporti organici di natura esogena. In definitiva si può, a giusta ragione, affermare che nelle biocenosi sotterranee è possibile riscontrare sia catene trofiche dipendenti da organismi autotrofi che catene la cui esistenza dipende esclusivamente dall'apporto di materia organica di origine esogena.

Le risorse trofiche esogene giungono negli ambienti sotterranei con tre modalità diverse:


1) materiale organico puo' essere trasportato direttamente tramite corsi d'acqua o penetrare tramite fessure verticali; tale fonte di alimento assume notevole importanza sia per le comunità acquatiche che terrestri

2) materiale organico disciolto, batteri e protozoi presenti nelle acque di percolazione, che raggiungono l'ambiente acquatico sotterraneo attraversando terreni carsici

3) feci o uova di animali trasportate per lo più da pipistrelli; questo caso è, tuttavia, riferibile esclusivamente ad ambienti cavernicoli.


Sostanze nutritive possono penetrare nei sistemi acquatici sotterranei anche con modalità più sofisticate; per esempio, è molto noto il caso delle grotte hawaiane, di origine lavica, laddove la principale risorsa trofica è rappresentata dagli essudati provenienti da radici di alberi.

Altre risorse alimentari per gli organismi acquatici sotterranei sono rappresentate da microorganismi che possono rinvenirsi in diversi tipi di substrato, boschi, sterco e detriti vegetali e che raggiungono i biotopi sotterranei tramite il lento scorrere delle acque, soprattutto in ambienti laddove questa componente rappresenta la principale risorsa alimentare.

Recentemente si è scoperta un'altra importante fonte di nutrimento rappresentata da fanghi e argille di cui si nutrono molti anfipodi sotterranei (Niphargus, Bogidiella), isopodi, nematodi ed oligocheti che vengono definiti, appunto, "geofagi". Sia l'argilla che il limo, contenenti un'alta percentuale di sostanze organiche (sino allo 0.240 % di azoto), penetrerebbero nei sistemi interstiziali venendo continuamente arricchiti in sostanze azotate, vitamine e sali minerali diversi, da parte dei numerosi batteri (nitrobatteri, tiobatteri, etc.) che vi si trovano inclusi.

Una tale modalità di assunzione del cibo presenta strette analogie con quanto si realizza negli ambienti marini abissali: anche per questi ambienti, infatti, si conoscono pesci ed altri organismi geofagi in grado di filtrare i depositi marini (fanghi) e di nutrirsi delle sostanze organiche e dei batteri che vi sono inclusi.

Come si è già accennato, le catene alimentari degli organismi acquatici sotterranei sono generalmente molto semplici, corte e per molti aspetti diverse da quelle relative agli habitat di superficie. Alla base di queste le uniche forme autotrofe che si riscontrano sono batteri chemiosintetici, capaci di sintetizzare materiale organico da composti inorganici; vi sono, quindi, batteri eterotrofi che utilizzano materiale organico di natura esogena; ad un livello successivo troviamo una microfauna rappresentata essenzialmente da protozoi (amebini, flagellati, ciliati) che si nutrono di batteri.

A un livello più alto vi sono gli organismi limivori (nematodi, oligocheti, molluschi) che si nutrono di fanghi e argilla, contenenti batteri e protozoi; alla sommità della catena vi sono, infine, i carnivori che si nutrono delle categorie precedenti.

Molti carnivori (Niphargus, Proteus), tuttavia, sono limivori solo nei primi stadi dello sviluppo, ricorrendo ad una dieta carnivora allorquando devono completare il loro sviluppo e raggiungere la maturità sessuale.

Importanti fattori abiotici che caratterizzano i sistemi acquatici sotterranei sono rappresentati dalla struttura del substrato, dalla permeabilità e dalla granulometria. Da questo punto di vista è possibile riconoscere tre tipi principali di acquiferi sotterranei:


  • sistemi porosi (falde freatiche, ambienti interstiziali ed iporreici)

  • sistemi fessurati, in rocce granitiche

  • sistemi carsici, in substrati calcarei (grotte)


    Il primo si rinviene in quella categoria di substrati permeabili per porosità (a) che Delamare (1960) definisce " terrains permèables en Petit " e nei quali la percolazione dell'acqua è piuttosto lenta; gli habitat fessurati e carsici (b,c), al contrario, si sviluppano in terreni permeabili per fessurazione ("terrains permèables en grand"), nei quali la velocità di percolazione dell'acqua è molto maggiore.



    La fauna che popola i sistemi freatici ed interstiziali consiste di organismi di piccolissime dimensioni che vivono negli interstizi che separano i granuli di sabbia e detrito di varia natura che costituiscono il substrato: questo tipo di fauna viene comunemente definita "interstiziale" o "freatobia".

    Le condizioni presenti nei diversi tipi di sistemi freatici risultano molto diverse da quelle che caratterizzano gli ambienti cavernicoli e gli altri biotopi acquatici sotterranei, pertanto la fauna interstiziale differisce sensibilmente dal resto della fauna acquatica sotterranea. Essa risulta, infatti, strettamente correlata alle dimensioni degli interstizi e delle particelle che formano la falda: la granulometria è il principale fattore limitante per questi organismi che devono necessariamente avere dimensioni confrontabili con quelle degli interstizi. Essi risultano generalmente di dimensioni ridottissime (da un minimo di 300 microns ad un massimo di 2-3 millimetri), sono caratterizzati da un corpo molto allungato, in alcuni casi filiforme e presentano uno spiccato tigmotattismo.




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